Impara l’Arte

Sto scolpendo una poesia sulla Condizione Umana. Finora ho prodotto solo muscoli verbali indolenziti e qualche martellata su pollici metaforici. Se il cesello non funziona andrò di ascia. Ne farò legna da ardere per riscaldare un cuore ferito dal fallimento. Rimanendo in tema. 

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Fiumi di parole

un Po eta
e un po’ no

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L’angolo della vita

Quando si è piccoli si vede il mondo da un’angolatura piuttosto statica.

Tutto è sempre stato così, i bambini piccoli, i genitori grandi e i nonni vecchi, e non si vede perché debba cambiare, anzi, non si concepisce che possa cambiare.

Vai in montagna con le nonne che ti portano a fare passeggiate luuunghe, che ti stanchi prima di arrivare, e fai il picnic mangiando il panino con la mortadella che hanno fatto, e portato, loro.

A 18 anni fai la patente, il mondo è ancora tutto sommato stabile, ma tu sei grande ormai ed esci per la prima volta da solo con la macchina. Tutto va alla grande, ma quando rientri l’inesperienza ti fa valutare male l’entrata in garage e ti incunei in quell’angolo fetente. Il muro non ne soffre, ma la portiera sì. Tuo padre non ti sgrida, ma ti fa indietreggiare e riprovare e, con un po’ più di attenzione e consapevolezza dei tuoi limiti, porti quello che resta della carrozzeria in salvo.

Passa ancora qualche anno e la nonna fa sempre più fatica a camminare, fino a fermarsi, definitivamente. E ti rendi conto, definitivamente, che il mondo non è poi così immutabile.

La geometria non è mai stata il tuo forte, ma ricordi della sua importanza la prima volta che l’angolo del garage, sempre lui, fa un’altra vittima. Questa volta è tuo padre, che ha valutato male le proporzioni. Non commenti, non è l’angolo il problema.

E una decina di anni dopo ti ricordi dell’importanza degli angoli. Quando praticavi il massaggio cardiaco, sul manichino del corso di primo soccorso, sottolineavano la questione della spinta perpendicolare al terreno e i gomiti bloccati. Angoli favorevoli. Per la vittima. Meno per la tua schiena, specialmente se devi farlo per oltre dieci minuti, con l’unica compagnia della voce pacata dell’operatrice del 118. Ancora una volta, comunque, non è l’angolo il problema.

E quando arriva il medico ti siedi. Esausto. Statico. Ma solo per un po’. Poi tutto torna a scorrere, inesorabilmente, nella stessa direzione: i 360 gradi di un angolo giro.

 

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Snowboard, sogni, separazioni limitate

Questa è una bozza che era ferma al marzo del 2007. Nel frattempo Jake Burton è deceduto e un paio di altre cose sono successe. Rimane una storia che ha qualche interesse, soprattutto personale. Così, per ripartire dopo 11 anni di pausa, o forse no. Intanto questa la pubblichiamo.

Dopo il delurking day, che non abbiamo festeggiato, di qualche tempo fa, si passa alla giornata nazionale dell’atteggio.

Si cita qualche personaggio famoso che si è potuto vedere, oppure qualche manciata di secondi di celebrità vissuti. Conto sul fatto che tra le righe si riesca a leggere il messaggio, ben più importante delle mie frequentazioni.

Nell’estate del 1992 Terje Haakonsen aveva 18 anni ed era già un affermata stella dello snowboard (di quelle che brillano proprio, e sono lustri avanti tutti gli altri).

Io avevo qualche anno in più ed ero un campione nel riuscire a reggermi a malapena verticale dopo il mio primo inverno trascorso sullo snowboard (che poi lasciai dopo una breve ma intensa e soddisfacente carriera nel 1998).

Quell’estate mi iscrissi ad un camp di una settimana, sullo Stelvio, special guest, guarda te, Terje Haakonsen.

Ovviamente sulle piste lo vidi solo da lontano. Io ero affidato alle cure amorevoli di un insegnante per principianti, il quale ci accudiva attendendo con pazienza che fossimo tutti in piedi contemporaneamente, evento non frequente, per guidarci a valle a guisa di chioccia confusa che si chiede perché sia seguita da una covata di pinguini.

Ma venne la sera del penultimo giorno, la tradizionale festa d’addio si trasformò in una specie di sfida a chi beveva di più, come sempre accade. Rexer non bevve più di tanto, come sempre accade, e se ne andò a letto presto. Tutti gli altri si coricarono quando ormai albeggiava, credo.

Il sabato mattina mi sono presentato per l’ultima scorribanda sulle piste, che erano sinistramente vuote e tranquille.

Eravamo solo io, il responsabile del camp, ed un Professionista, Terje Haakonsen, che a dispetto della baldoria era lì, pronto al lavoro. I suoi studenti erano però tutti cappottati per cui gli venne assegnato il sottoscritto.

Immagino non sia stato il sogno della sua vita ma mi ha seguito con attenzione per tutta la mattina, insegnandomi a saltare piccoli ostacoli e ad andare all’indietro.

Per riportare la cosa ad un esempio attuale sarebbe come Valentino Rossi trascorresse una mattina ad insegnare ad andare in moto ad un appassionato. Per rendere l’idea, perché Haakonsen, in proporzione, era superiore agli avversari.

Perché ho scritto tutto questo oltre che per atteggiarmi?

Perché molte volte la realizzazione dei nostri desideri è legata sì alla fortuna, ma quest’ultima può essere abbontantemente aiutata con l’impegno consapevole e razionale.

Vuol dire che si possono realizzare tutti i nostri sogni? No, vuol dire che se ci si dà da fare potrebbe anche essere che qualcuno si realizzi.

Ricordatevi dei sei gradi di separazione.

E visto che ormai siamo in piena giornata nazionale dell’atteggio, in quei giorni sullo stelvio c’era anche Jake Burton padre fondatore dell’omonima azienda ed in lizza come uno dei fondatori dello snowboard. Non si è mai ben chiarito.

Un po’ come andare ad una mostra di computer ed incontrare Steve Jobs (ricordate che questa era una bozza del 2007. RIP Steve. ndr).

Quest’ultimo non ha però la fama di essere molto socievole. Jake (notare l’utilizzo del nome a simulare un certo grado ci confidenza) invece spese buona parte della settimana per spostarsi in snowboard da un rifugio all’altro, togliersi gli scarponi e mangiare minestra.
L’unica conversazione che abbiamo avuto ha riguardato delle modifiche che avevo fatto sugli attacchi. Il fondatore di una delle aziende più grosse del settore si perde a parlare di inezie tecniche con un perfetto sconosciuto che avrebbe avuto tutto da imparare.

In entrambi i casi i Grandi si sono differenziati per la professionalità e l’umiltà.

Io solo per il fatto di essere rimasto sobrio. Non un grosso biglietto da visita.

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Non che l’esito mi sorprenda, però avrei voluto esserci

(…)L’assemblea, al termine di una approfondita discussione, nel corso della quale ogni singola posta del bilancio viene, unitamente alla nota integrativa, attentamente esaminata, delibera all’unanimità l’approvazione del bilancio e la proposta di destinazione del risultato di esercizio come proposto dall’organo amministrativo .(…)

(dal verbale di assemblea di una società con un unico socio che è anche amministratore)

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Poi dice che uno continua ad avercela coi giornalisti

Luca Sofri (autore di una delle poche rubriche che val la pena di leggere, “notizie che non lo erano”, su La Gazzetta dello Sport al sabato) oggi fa un’osservazione interessante sui titoli dei giornali Italiani.

Non passa mezza giornata che trovo il titolone sul sito dell’ansa:

“Brenda, l’enigma del pc. Trovati 60 mila file”

Vado a contare i miei (tempo impiegato meno di 30 secondi):

Numero di file : 791.613

Nell’articolo poi non viene spiegato quale sia la “notizia” in quella quantità di file.

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Poi dice che uno ce l’ha coi giornalisti

E’ di questi giorni la notizia che i buttafuori avranno un loro albo professionale.

Per curiosità leggo quali siano i requisiti, e negli articoli in rete trovo la frase:

“non essere o essere stati aderenti a movimenti, associazioni o gruppi organizzati”

la quale non sta in piedi né da un punto di vista grammaticale (devono o non devono aver aderito a movimenti etc?) né logico (sfido chiunque a non aver fatto parte di un gruppo organizzato, fossanche la squadretta di calcio parrocchiale).

So che il Legislatore ha una sua lingua particolare per cui cerco in Gazzetta Ufficiale e trovo la frase incriminata, e completa:
“e) non essere aderenti o essere stati aderenti a movimenti, associazioni o gruppi organizzati di cui al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205;”

Che è ben diversa, e quanto meno ha un significato, mentre quella riportata nei vari siti di “informazione” non ce l’ha.

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Julie & Julia, vita da scrittrici

Come farsi pubblicare un libro è da sempre nella top tre dei messaggi più letti quì e quindi immagino di fornire un servizio utile segnalando agli aspiranti scrittori il film Julie & Julia il quale, con abilità narrativa, racconta della vita di due autrici di successo, o meglio di quella parte del viaggio che ha consentito loro di arrivare alla pubblicazione di un libro.

Due storie separate dalla storia, una quarantina d’anni, ma unite con sapienza da molteplici coincidenze. E se, aspiranti scrittori, la prima reazione è “sì, ma loro avevano il vantaggio di (inserire vantaggio a caso)” significa che dovete avere una seconda reazione.

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“oltre 31 milioni di euro, qualcosa come 60 miliardi di vecchie lire”

Il segreto per imparare una lingua straniera consiste nel pensare in quella lingua. Accantonare il bagaglio di conoscenze e pensieri e abbracciare il ritmo, significato, filosofia diversi del nuovo idioma.

L’Euro è stato introdotto sette anni fa, le “vecchie” lire se ne sono andate quasi contemporaneamente.

Eppure c’è ancora qualcuno che, in un comunicato dell’ansa, si riferisce a 31 milioni di euro come “qualcosa come 60 miliardi delle vecchie lire”.

Chissà se conosce lingue straniere, e se ha fatto fatica ad impararle.

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La Logica Dei Pubblicitari

“oltre 1000km con un pieno di benzina”

Roba di qualche anno fa, riguardava la Opel Corsa.
Perché questo dovesse essere uno slogan attraente in un paese dove è difficile passare mezz’ora senza incontrare un distributore è per me un mistero.

Del resto, e fortunatamente, un Boeing 747 ha un’autonomia ben superiore a 1000km con un pieno, ma non per questo traggo la conclusione che consumi poco, o che sia un mezzo di trasporto conveniente.

Questo è un esempio eclatante di come la comunicazione pubblicitaria a volte si ingarbugli in premesse e, auspicate, conclusioni che non sempre rispettano i canoni della logica.

In questi giorni sta facendo grosso scalpore una campagna Microsoft, che sfida a trovare la propria soluzione informatica e promette di pagarla se ci si riesce. Il più famoso al momento è quello di Lauren che vuole un portatile con schermo di 17 pollici sotto ai 1000$ di prezzo . Cerca che ti cerca, lo trova, Microsoft le dà i soldi per comprarlo e lei è felice.

?

Credo lo sarebbe chiunque, un computer gratis è sempre un computer gratis. Di nuovo mi sfugge la logica sottostante, e in questo caso anche la conclusione cui si dovrebbe arrivare.

Sono anche passati i tempi in cui “bastava la parola”, adesso l’attenzione dei destinatari è così frazionata da mille stimoli che catturarla non è semplice, e forse è logico cercare strade alternative.

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